Abstract:
IT) Dal dopoguerra si immagina di poter progettare il ruolo e la forma della capitale nelle aree orientali della città di Roma, parallelamente il divario tra teoria e pratica del progetto urbano sembra aver registrato un progressivo scollamento che ha portato a un totale disallineamento tra indirizzi, scelte amministrative, analisi e ricerche. Sebbene spesso le parole della politica coincidano con i temi della discussione pubblica (rigenerazione, ecologia, consumo di suolo) non sempre assumono lo stesso significato nei contesti in cui vengono declinate.
A partire da questa considerazione il testo porta una riflessione sui possibili percorsi utili a rendere alcuni ambiti di ricerca più consapevoli e operativi, in grado di influenzare gli indirizzi politici.
Il testo si sviluppa a partire dalla descrizione di esperienze didattiche universitarie messe a confronto con brani estratti dal libro Anello verde, Roma paesaggio con figure che racconta la genesi di un programma strategico per le aree orientali di Roma e che rispecchia il tentativo di riportare il progetto urbano al centro della discussione sulla trasformazione dello spazio della città.
EN) Since the post-war period, it has been imagined that a role and form of Rome as a capital city could be planned in the eastern areas of the city. At the same time, the gap between theory and practice of urban design seems to have progressively widened, leading to a total disconnection between policy, administrative choices, analysis and research. Although the words of policy often coincide with the themes of public discussion (urban regeneration, ecology, land consumption) they do not always take on the same meaning in the contexts in which they are declined.
From this consideration, the text reflects on possible ways to make urban research areas more aware and operational, capable of influencing policy directions.
The text develops from the description of university didactic experiences compared with parts extracted from the book Anello verde, Roma paesaggio con figure, which recounts the genesis of a strategic program for the eastern areas of Rome and reflects the attempt to bring the urban project back to the centre of the discussion on the transformation of the city’s space.
Tra teorie e dispositivi, una premessa
Questo saggio nasce a partire da una selezione di testi estratti dal libro Anello verde, Roma paesaggio con figure1 messi in relazione alle esperienze maturate in attività didattiche e di ricerca, sviluppate negli ultimi due anni all’interno del Laboratorio di progettazione 3M della laurea magistrale del Dipartimento di Architettura di Roma Tre2. In questo confronto tra metodi e strumenti diversi, l’obiettivo è di analizzare le interazioni e le traiettorie possibili tra teoria, o meglio tra un contesto teorico e culturale, e pratica, o meglio gli atti amministrativi necessari per indirizzare la trasformazione urbana. Infine, la pratica dovrebbe tornare alla teoria con un continuo trasferimento di informazioni che permetta di sviluppare nuovi indirizzi di ricerca.
Il progetto prende in esame la realizzazione di tre stazioni ferroviarie affrontando i temi proposti in maniera interscalare: architettura, città, paesaggio, economia. Le tre stazioni sono previste, in conseguenza di un accordo stipulato tra Roma Capitale e RFI, in aree ormai consolidate di quella che un tempo era considerata la periferia “lontana”, lungo il limite che separa i quartieri della periferia est di Roma e il Parco dell’Appia Antica (fig: 01): Selinunte, tra Tuscolana e Tor Fiscale; Statuario, tra Cinecittà e via Appia; Torricola, tra Ciampino e il GRA. Oggi questo limite, un tempo netto, si configura come un insieme discontinuo e poroso (che Anna Laura Palazzo invita ad osservare dall’alto e attraverso finalizzando lo sguardo al progetto dell’urbano oggetto della riflessione di Francesca Paola Mondelli ed Elisabetta Vacca) che si espande tra infrastrutture antiche e contemporanee: gli acquedotti, le vie consolari con le loro emergenze monumentali e le infrastrutture moderne, le ferrovie esistenti e gli spazi residuali della contemporaneità (sulle cui forme e usi si interroga Eliana Saracino). Un limite che non è quindi una “linea”, certa e definita, ma uno “spazio”, un paesaggio frammentato in cui si dispongono – suggerendo “altri percorsi” – i segni eterogenei per temporalità, natura e scala (di cui tratta il saggio di Alessandro Gabbianelli e Linda Flaviani).
Tre sono i motivi che legano la redazione dello strumento strategico dell’Anello verde e il percorso di ricerca proposto nel corso.
Il primo riguarda un ripensamento del ruolo delle connessioni fisiche e percettive tra spazi aperti e parti edificate della città, tra archeologia e luoghi della contemporaneità, tra nodi locali e scala territoriale. Le tre stazioni si collocano lungo “un sistema che deve essere ripensato come un ambito di paesaggio di spazi aperti compresi o limitrofi all’urbano (secondo la definizione del Piano Regolatore), costituito da parti di diversa natura tra loro interconnesse o potenzialmente collegabili, per realizzare un sistema di fruizione alle aree di uso pubblico anche attraverso reti per la mobilità dolce. (…) Un insieme di spazi che connette il sistema infrastrutturale dell’ambito dell’anello ferroviario a un sistema di vuoti di alto valore naturalistico (…)”3. Se si guarda alla accessibilità delle stazioni i dati risultano di notevole interesse. La stazione Statuario, per esempio, ha un bacino pedonale molto ridotto (circa 5.000 persone nel raggio di 1km), se si estende la domanda al bacino ciclabile la richiesta aumenta notevolmente (oltre 60.000 persone tra addetti e residenti nel raggio di 3 km). Con la realizzazione della linea di tram (la prosecuzione prevista della linea su via Togliatti, da Cinecittà verso l’Appia) la stazione potrà trasformarsi nel baricentro di un sistema di servizi (scuole, uffici pubblici, servizi privati). Le tre stazioni possono dunque essere pensate come i nodi di tre diversi scenari di “prossimità”: Selinunte è sul margine di quartieri densi e consolidati, serviti anche dalla linea A della metropolitana; Statuario si colloca tra due brani di città che possono essere connessi lungo direttrici inedite; Torricola è facilmente raggiungibile da Ciampino aeroporto e, allo stesso tempo, si trova a pochi minuti di treno da stazione Termini.
Un secondo tema riguarda le potenzialità dell’edificio stazione. Per una fermata come quelle descritte sarebbero sufficienti le banchine di arresto, due pensiline e un piccolo atrio. Nella lettura che suggeriamo, l’edificio si ibrida e diviene nucleo di servizi, accoglie funzioni diverse e innovative declinando nel progetto la complessità dei temi sollevati. Molte ipotesi sono state sviluppate, nel Laboratorio, sulle possibili funzioni da aggregare alle stazioni per caratterizzarle come poli attrattivi per i bacini territoriali di riferimento: Selinunte può essere sede di funzioni che integrano quelle esistenti nel quartiere (sale studio, spazi di incontro, piccoli servizi per lo sport outdoor); Statuario può potenziare la vocazione sportiva esistente supportando le tante attività informali che vengono praticate nel parco (bicicletta, corsa, trekking urbano), anche inserendo nuove strutture (piscina, palestra) e playground; Torricola ha le potenzialità per divenire meta di visitatori del parco e di escursionisti, può accogliere un vero centro di formazione internazionale per l’archeologia (sede del Parco, foresteria, centro studi) in grado di attrarre studenti e ricercatori da tutto il mondo che, in pochi minuti, possono essere alle Terme di Diocleziano o alla Biblioteca Nazionale.
In ultimo un approfondimento molto importante guarda al riconoscimento di una nuova scala dello spazio pubblico (fig. 02, fig. 03). Nel verde apparentemente omogeneo della zonizzazione urbanistica si incontrano luoghi ricchi di attività, animati da comunità che danno vita a diversi livelli di relazioni, si organizzano in reti di sussidiarietà orizzontale e, nel tempo libero, svolgono attività sportive o si dedicano alla cura del territorio. Si tratta di interazioni leggere, che prefigurano imprevisti usi collettivi degli spazi aperti e ci inducono a immaginare un rinnovato rapporto tra servizi pubblici, comune e comunità, prossimità e accessibilità.
La sintesi di questi temi avviene nel progetto, che verifica i presupposti della strategia e, nel farlo, non offre soluzioni univoche bensì costruisce aree di densificazione e di polarizzazione di attività spesso mutevoli. In questa ricerca degli equilibri possibili, il progetto accetta l’incertezza, guarda alle specificità del vuoto denso e discontinuo che diviene paesaggio, supera l’astrazione che finora aveva relegato il verde a fattore omogeneo, dato numerico, standard. Il paesaggio, con la capacità di sintesi tra le scale, le forme e le nature che lo compongono, diviene presupposto ed elemento di misura del progetto, rende lo spazio vasto dell’urbano leggibile e interpretabile attraverso la lente della contemporaneità e, anche nelle sue incertezze e ambiguità, modificabile dal progetto.
Anello verde, una strategia4
“Anello verde è un progetto per Roma. Nasce dalla necessità di ripensare le geografie e gli spazi del settore orientale della città, i territori su cui, dall’inizio del secolo scorso, si sono confrontate le idee sul ruolo e sulla forma della Capitale. È un progetto pubblico, uno strumento strategico coordinato dall’Assessorato all’Urbanistica di Roma Capitale, elaborato in un percorso tra innovazioni metodologiche, aggiornamenti di strumenti, individuazione di risorse e obiettivi attuali, che definisce gli indirizzi di sviluppo dell’intero quadrante. Il libro, che ne presenta temi e metodi, non è un libro di teoria, anche se muove da un contesto teorico che guarda alla trasformazione dei principi costitutivi della struttura urbana e agli strumenti con cui spostarsi tra connessioni interscalari di fenomeni che ne determinano la forma instabile; ugualmente non si occupa direttamente della configurazione degli spazi, della costruzione dei manufatti e delle tensioni tra le parti, ma nel definire le regole invarianti delle modificazioni possibili guarda alle risorse su cui si costruisce il progetto urbano: la persistenza dei tracciati, le infrastrutture e le trame degli spostamenti quotidiani, la topografia, i dati invisibili dei limiti catastali e delle proprietà che costruiscono il paesaggio, gli elementi intorno a cui si genera la trama dell’edificato, le reti degli ecosistemi. È un libro che, attraverso il progetto, pone un insieme di temi, alcuni specifici alcuni comuni ad altre città, su cui si è discusso tanto e spesso in maniera ideologica e contraddittoria (cito tra i tanti: la cura del ferro, il consumo di suolo, la rigenerazione urbana, lo spazio pubblico, fino alle compensazioni urbanistiche e alle potenzialità edificatorie ancora da realizzare a Roma). Allo stesso tempo il testo guarda alla città nella sua dimensione contemporanea riproponendo lo spazio urbano come materia del progetto. La forma diviene così politica non più come risultato di valutazioni economiche, assetti proprietari o risposte a interessi particolari, ma in quanto spazio che si costruisce interrogandosi sulla città a partire da una città”5.
“Anello verde si estende tra gli spazi vuoti e in attesa di quello che doveva divenire il Sistema Direzionale Orientale (fig. 04). Propone programmi da realizzare attraendo e concentrando investimenti su poli strategici che insistono sul tracciato esistente della rete del ferro, trasferendo in luoghi già densamente abitati, ricchi di servizi e di intense relazioni urbane, le previsioni edificatorie ereditate dal passato che dovrebbero atterrare in aree di grande valore naturalistico e ambientale oggi rimaste in gran parte vuote (fig. 05, fig. 06).
Convivono nel progetto due figure. La prima è quella dell’Anello, che a sua volta ha una duplice origine sia nel disegno dell’anello dei parchi pensato da Marcello Piacentini che, già nel 1916, aveva intuito come Roma moderna dovesse essere pensata a partire dal suo paesaggio vicino e lontano; sia nella scelta di legare le aree del Sistema Direzionale Orientale e quelle della Cintura Ferroviaria per costruire una infrastruttura urbana che sappia coniugare spazio, spostamento e ambiente nel paesaggio. Tramontata da anni l’idea di far crescere la città intorno a un’asse lineare, a una strada a grande scorrimento, oggi appare non ulteriormente rinviabile l’opzione, discussa ma mai praticata, di legare pianificazione e trasporto pubblico su ferro ripensando un ambito, quello ferroviario appunto, non solo come un dato tecnico di gestione di merci e persone, di flussi locali, nazionali e internazionali, ma come un vero sistema di luoghi fisici, caratterizzato dalla presenza di vaste aree che hanno perduto la loro funzionalità e possono divenire occasioni di rigenerazione e densificazione, di creazione di vere centralità urbane e metropolitane. Potrebbe sembrare un tradimento quello della scelta della parola Anello, perché lo SDO o meglio l’Asse Attrezzato, nelle intenzioni dei suoi progettisti e primo tra tutti Luigi Piccinato, doveva contrastare la figura anulare, vista come rappresentativa di un modello che favoriva la crescita per successive aggiunte intorno a un centro, a macchia d’olio. Oggi nella forma discontinua della città non esiste un luogo altro lontano dal centro storico in cui proiettare la crescita, non esiste un vicino e un lontano, esiste una dimensione multiscalare dei nodi che ne costituiscono la forma multipolare. La scelta dell’Anello vuole dimostrare che l’ambito ferroviario può essere letto non come un nuovo perimetro concluso che difende un centro da un esterno, ma come parte di un sistema di rete esistente da rileggere e potenziare, una vera infrastruttura geografica e ambientale, che permette di realizzare nuove dimensioni di sviluppo territoriale interconnesso.
La seconda figura è il Verde, parola facile e allo stesso tempo instabile, volubile, scomoda e scivolosa, spesso usata in modo riduttivo, sinonimo di standard o di semplificazione, sicuramente non in grado di restituire la ricchezza di paesaggi stratificati, carichi di significati, di differenze e di compresenze che convivono in questi territori. In questa complessità il concetto di paesaggio (…) sfugge all’astrazione del piano ed è in grado di interpretare l’eterogeneità dei frammenti dai margini labili e le modalità con cui le comunità che abitano quei luoghi si relazionano e interagiscono con gli spazi modificandoli e rifigurandoli. Nella figura del verde il paesaggio, nella sua reale e concreta fisicità sostituisce l’astrazione dell’asse, del sistema lineare dello SDO che doveva costruire la città territorio (fig. 07). Infine la scelta di una parola oggi immediata nella sua capacità narrativa, diviene fondamentale per ricordare l’importanza di far convergere nel progetto quelle linee di sviluppo sostenibile, che troppo facilmente si dichiarano “green oriented”, e come tali sono pubblicizzate ma non praticate, spesso utilizzate in quanto depositarie di una scientificità e di una tecnica e quindi destinate a indirizzare le politiche invece di esserne governate. Verde è parola mal tollerata in molti casi perché divulgativa, sta qui proprio a ricordare che la campagna romana non può essere ridotta a campagna pubblicitaria”6 .
“Il perimetro di Anello verde comprende una superficie di circa 750 ettari e deriva dalla scelta di ripercorrere i confini delle identità amministrative, degli strumenti di pianificazione esistenti delimitati da un insieme di tracciati infrastrutturali. (…) (L’area ha) una dimensione fisica intermedia, una superficie e un perimetro definiti che ne fanno un progetto lontano dalla estensione di piani territoriali o di scenari di area vasta, volendo affrontare piuttosto i temi legati alle morfologie del contesto e alla dialettica possibile tra modificazione e permanenza delle strutture esistenti. All’interno di questo campo definito si possono però riscontrare luoghi, dinamiche e sistemi che, indipendentemente dalle questioni dimensionali, sono causa ed effetto di quelle trasformazioni delle relazioni spaziali su cui oggi la teoria urbana si interroga. Come già accennato precedentemente è una occasione di guardare alla città a partire da una parte concreta di città: “Perché la nuova forma di città, con la sua grana larga, con la porosità che sempre più ne connota le parti più compatte ed antiche, con i suoi vasti spazi interclusi, inedificati, abbandonati o tutt’ora destinati all’agricoltura, offre grandi opportunità per politiche che si confrontino seriamente ed in modo complessivo con i problemi ambientali. Abbacinati dai soli problemi della mobilità spesso ce le dimentichiamo”7.
Spazi. Descrivere/Narrare
“L’area dell’Anello verde deve oggi prioritariamente ridefinire il suo statuto all’interno delle norme che regolano l’uso dei suoli riconoscendo e rinominando i luoghi che lo compongono. Nonostante rappresenti in maniera evidente le modalità con cui stanno cambiando i caratteri propri dell’urbano e le dinamiche di spazializzazione e scalarizzazione di fenomeni di trasformazione delle città europee (…), nonostante quindi esista una vasta casistica di studi utile a rileggere gli sviluppi in corso, quest’area è rimasta legata a una tecnica urbanistica fatta unicamente di indici, standard e norme. Ne siano testimonianza alcune definizioni del Norme Tecniche del Piano Regolatore che nella tassonomia del “verde” vedono le aree naturali secondo opposizioni dialettiche superate, mentre qui i pesi tra le parti si equivalgono fondendo spazi naturali, brani di edificato e sistemi di altra scala e dimensione, definendo un nuovo paesaggio (figg. 08, 09, 10).
Per poter rappresentare la ricchezza dei luoghi e le modalità con cui chi li abita si muove al loro interno è stato realizzato un sistema cartografico composto gruppi di elaborati che tentano di tenere unite una lettura “sintomatica”, cioè più legata a una narrazione, e una rappresentazione “sistematica” derivata da metodi analitico-descrittivi. Nelle sintesi, mappe canoniche che guardano allo spazio come il risultato di processi naturali, storici, economici e amministrativi, vengono affiancate a esplorazioni delle condizioni spaziali inedite, degli usi e delle attività che si svolgono al loro interno. Sono state individuate tre fasi distinte di lavoro. La prima è la fase analitico-descrittiva composta da mappe che riportano graficamente un insieme di dati quali la perimetrazione e il rilievo delle aree selezionate, la sintesi degli strumenti di pianificazione esistenti e il relativo stato di attuazione, l’armonizzazione con i nuovi indirizzi già deliberati dalla Amministrazione (per esempio i programmi del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile), l’insieme dei vincoli e delle norme sovraordinate. A questa si sovrappongono un insieme di valutazioni utili per far interagire dati sugli spazi fisici, dati tecnici e funzionali, dati sulla mobilità e lo spostamento delle persone. La terza è la fase interattiva, sviluppata attraverso la realizzazione di uno strumento di confronto su piattaforma digitale per raccogliere e raccontare attraverso l’individuazione delle comunità presenti nei diversi contesti, le pratiche, gli usi reali del territorio, le forme di sociabilità che si sono sviluppate nei luoghi all’interno del perimetro (figg. 11, 12, 13).
La mappa che ne è derivata è implementabile costruita attraverso una fase di ascolto e interazione con comitati e comunità di cittadini, gli stakeholder territoriali e un insieme di esperti chiamati a collaborare su aspetti tecnici di dettaglio. Riconoscere e descrivere questi luoghi in quanto spazi prima, individuando i principi della modificazione poi, permette di operando all’interno di quella frattura concettuale nella progettazione urbanistica, che si alimenta soprattutto del disallineamento tra strumenti, retoriche e ricerche, tra capacità di analisi dei processi in corso e decisione politica, tra la temporalità delle dinamiche urbane e della pianificazione”8 (figg. 14, 15).
Sul progetto urbano
Le risorse individuate non hanno uno scopo meramente narrativo, rappresentano la sintesi degli elementi di riferimento per la progettazione, le invarianti strutturali delle possibili modificazioni (fig. 16):
“La mappa degli Obiettivi costituisce la cornice strategica di un programma unitario da realizzare per parti. Comprende percorsi plurali e singoli interventi attuabili coordinando differenti soggetti pubblici e privati, riportando il progetto urbano al centro della sconnessione tra determinismo funzionalista e spazio fisico delle trasformazioni. Scriveva Carlo Aymonino riflettendo sulla sua esperienza di Assessore a Roma: “(…) non abbiamo mai preteso di mettere a punto un modello di intervento a carattere universale, da esportare in ogni tempo (…), né tanto meno di credere che il progetto Fori Imperiali o quelli delle Aree Strategiche si sarebbero realizzati nel breve arco dei quattro anni”. È il momento di occuparsi non solo degli strumenti come risultato diretto della politica, ma di come questi trasformano il territorio attraverso i progetti. Gli obiettivi dell’Anello verde disegnano uno spazio pubblico di scala urbana, stabiliscono le invarianti strutturali tra densificazione o rarefazione dei sistemi territoriali (polarità, margini e perimetri di rigenerazione), costruiscono la continuità delle reti ecologiche e ambientali (puntuali, lineari e territoriali), organizzano le relazioni necessarie a garantire l’accessibilità agli spazi (pedonali, ciclabili o di trasporto pubblico), riconoscono l’alterità delle forme di utilizzo qualificate e consolidate degli spazi vuoti insieme a quelle future e potenziali. Attraverso la declinazione degli obiettivi si configura un paesaggio di integrazione tra spazi, attività e luoghi diversi e mutevoli, tra frammenti ed elementi che si confrontano in una dimensione geografica in continua trasformazione. Gli interventi singoli acquistano senso in una cornice d’insieme la cui verifica ha come unici referenti la teoria e la tecnica del progetto urbano”9.
“(…) I sistemi che compongono l’Anello verde sono complementari e definiscono una infrastruttura generale che nelle diverse fasi temporali deve potersi modificare recependo le trasformazioni del contesto e ammettendo nuove integrazioni e deviazioni. È importante tornare a sottolineare come la revisione dei piani attuativi che ricadono all’interno del perimetro dell’Anello verde proponga la ridistribuzione e rivalutazione delle previsioni edificatorie esistenti favorendo forme di perequazione per il trasferimento di cubature per tutelare i grandi vuoti, gli spazi di interesse paesaggistico, storico, archeologico e sociale. Obiettivo del piano è regolare la rendita fondiaria per l’interesse pubblico con lo spostamento di diritti edificatori verso aree da riqualificare (…). Le politiche di densificazione nascono dal paesaggio e usano la regolazione di principi economici come strumento (e non il contrario come spesso succede)”10.
Un’ultima considerazione, in forma di conclusione
Scrive ancora Aymonino: “gli studi sulla forma della città e soprattutto sui rapporti tra morfologia urbana e la tipologia edilizia non sono alternativi agli studi economici o di pianificazione indicativa, ma mi sembrano i più pertinenti per fondare un metodo di analisi che, ponendo in relazione processi anche diversi, consenta di giungere a delle previsioni attinenti i fatti urbani stessi anche sotto l’aspetto architettonico”11. All’interno del perimetro di Anello verde sono attualmente progettati o in corso di attuazione oltre cinquanta interventi12 (figg. 17, 18) che declinano gli obiettivi generali in progetti che possono essere considerati nodi in grado di attivare fenomeni, economici, ambientali e sociali, che interagiscono nello spazio tra livello locale, regionale, nazionale e internazionale. Il paesaggio dell’Anello verde si definisce dunque attraverso il suo sistema di ossature fondamentali in cui coesistono: uno strumento che recupera il ruolo del progetto urbano nella pianificazione coniugando temi morfologici, infrastrutturali e ambientali, materiali e immateriali; un manifesto politico che si confronta con gli impegni comuni e condivisi all’interno di reti di collaborazione tra città; una piattaforma per lo sviluppo di sistemi innovativi di governance inclusivi basati su modelli di collaborazione fra diversi attori e abitanti dello spazio urbano, considerando l’insieme delle risorse e degli obiettivi come un elemento comune su cui costruire uno scenario possibile per il futuro della città.
Note
1 Montuori, Anello verde, Roma paesaggio con figure, Libria, Melfi, 2022.
2 Il Laboratorio si compone di diversi moduli e docenti e si avvale della collaborazione di esperti, progettisti e dottori di ricerca. Professori titolari del corso sono: prof. Luca Montuori, prof.ssa Anna Laura Palazzo, prof. Alessandro Gabbianelli, phd Carlo Palleschi (aa 2022-23), phd Francesca Parente (aa 2023-2024). Collaborano al corso: arch. Riccardo Martino, arch. phd. Francesca Paola Mondelli, arch. phd. Marta Rabazo Martìn, arch. phd. Eliana Saracino, arch. phd. Elisabetta Vacca.
3 Id. p. 56.
4 I paragrafi che seguono sono estratti dal libro Anello verde, Roma paesaggio con figure, cit.
5 Id. p. 11
6 Id. p. 12-13
7 Id. pp. 16-18. La citazione è di B. Secchi (2008), “Le forme della città”, testo della conferenza al primo Città Territorio Festival, Ferrara, 17 aprile 2008. In: https://eddyburg.it/article/articleview/11151/1/304, [gennaio 2022].
8 Id. pp. 58-60
9 Id. p 82.
10 Id. pp 92-93.
11 Aymonino, Origini e sviluppo della città moderna, Marsilio, Venezia, 1980 (prima edizione 1965), p 103.
12 L’ultimo capitolo del libro è dedicato alla illustrazione degli interventi più significativi programmati o in corso, comunque tutti contenuti in atti formali approvati.